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Spazio 1969

Spazio 1969

Che ne sanno i ragazzi di oggi delle nostre battaglie spaziali? Dopo una serie di giri, salendo e scendendo, arrivava il momento della sfida finale. I dischi volanti, disegnati sulla falsariga delle auto volanti dei Pronipoti (The Jetsons) di Hanna & Barbera, non rispondevano più ai comandi individuali e tutti i bracci idraulici posizionavano le navicelle in alto. Andavano su anche gli equipaggi più timorosi, quelli che non avevano mai tirato la cloche fino al massimo e che avevano girato solo a mezz’aria. L’amico fisicamente più forte agguantava il volantino e faceva ruotare il disco da un lato all’altro; il copilota prendeva i comandi delle armi. Bisognava, infatti, sparare fasci di luce a 360 gradi contro i dischi volanti nemici, azionando un pulsante sulla cloche. Una cellula fotoelettrica faceva “cadere”, poi, uno dietro l’altro, i velivoli colpiti. In realtà non ho mai capito se fosse davvero così sofisticato, quel sistema, o se fosse l’operatore alla cassa a mandare giù i dischi volanti che, a suo giudizio, ritenesse più lenti.
Rimaneva in alto solo l’equipaggio vincente e, una volta riportato in pedana anche quello, gli spettava un nuovo giro in omaggio.
Io e Sandro atterrammo vincitori, contenti di poter riscuotere il nostro premio meritato. Nello scendere, però, il disco ruotò leggermente; troppo tardi per ritirare la gamba esposta nel vuoto, ero già troppo sbilanciato in fuori e caddi nel vano interno della giostra, quello dove agivano i bracci idraulici.
“Alli vagnoni, de e cadute li protegge la Madonna” dissero gli astanti, increduli, quando mi rialzai, là sotto, perfettamente integro.
L’unica conseguenza visibile di quella caduta fu il provvidenziale accorciamento dei pantaloni nuovi di vellutino a coste leggerissimo, color aragosta, comprati da Candido apposta per la festa del Santo Patrono. Il giorno dopo, lo strappo che li aveva rovinati ormai era un ricordo. Mia madre tagliò la parte dal ginocchio in giù e con la Borletti (“punti perfetti’, diceva la pubblicità dell’epoca) fece un nuovo orlo, trasformando un jeans lungo in un bermuda che, in quegli anni, si chiamavano ancora calzoni corti. Tanto l’estate era già alle porte…

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